• Home
  • La grande bellezza

La grande bellezza

Lettura cosmoartistica del film: "La Grande Bellezza" di Paolo Sorrentino


La grande bellezza

  • Vito Chialastri

Cos'è, e dov'è la Grande Bellezza?

Così potrebbe essere riformulato il titolo del film italiano, premio Oscar 2014, di Paolo Sorrentino "La Grande Bellezza".

Poiché queste sono in realtà le domande che il protagonista principale Jep Gambardella  sembra porsi in continuità, mentre nel suo continuo ed intimo perigrinare per le vie di Roma cerca e scruta con lo sguardo e con gli altri sensi in ogni scorcio della città eterna, come pure in ogni movenza od espressione delle persone che incontra.

Pur restando costantemente immerso nella "bellezza eterna" di una "città eterna", lui sembra essere alle prese con una ricerca interiore che non ha orario e non ha un luogo preciso; giorno e notte tutta la sua attenzione sembra essere rivolta a dare risposta a queste due domande: cos'è, e dov'è la Grande Bellezza?

E verosimilmente erano sempre queste due stesse domande che lo avevano spinto da giovane, neppure trentenne, a scrivere il suo primo ed ultimo romanzo "l'Apparato umano", che come il film racconta si meritò l'ambito premio letterario italiano "Bancarella", come miglior libro dell'anno.

Poi però si perse nei meandri della mondanità romana, impegnato come lui stesso dice a cercare di far fallire le feste mondane.

Ora Jap Gambardella al compiere dei 65 anni, mentre non ha ancora trovato le risposte a queste due domande; ha però una certezza: non vuole più perdere tempo dietro la mondanità, dietro cose che non gli piacciono e che non lo animano.

Jap Gambardella sembra essere allora l'emblema di quella parte dell'Umanità dei nostri tempi, che sente oggi salire dal profondo il desiderio non più ineludibile di dare una risposta di senso alle due domande: cos'è, e dov'è la Grande Bellezza?

Poiché un fatto è certo: se questo film di Paolo Sorrentino ha ricevuto così ampi ed universali riconoscimenti, dal "Globo d'oro" fino al "premio Oscar", vuol proprio dire che è l'Umanità nella sua componente più "evoluta", quella occidentale, che si sta ponendo il tema di voler entrare, ovvero penetrare, la dimensione della Grande Bellezza per cercare di capirne la sua essenza e la sua finalità.

Il film, ad onor del vero, non è certo un film piacevole, godibile; ma è un film che "cattura" o meglio incuriosisce lo spettatore, proprio perché il tema proposto sembra rappresentare in pieno l'infelicità e l'angoscia del "desiderio frustrato" di questa nostra Umanità che anela alla Grande Bellezza, ma che non conosce e che non trova.

Se poi per caso lo spettatore accetta di farsi catturare dal film, si ritrova scaraventato in una dimensione fatta di pesantezza e a volte perfino di disgusto e di sgradevolezza, mentre viene rappresentata una Umanità profondamente infelice, incapace di amare se stessa, riversa su se stessa, ed incapace di immaginare un futuro, una prospettiva, una finalità per cui valga la pena di esistere.

Quella Umanità descritta dal film siamo tutti noi, ovvero quella parte di noi che si ripiega su se stessa, che si sente sola ed isolata, anche quando siamo in presenza di altri, incapace di provare emozioni e motivazioni profonde che la entusiasmi e la motivi ad esistere.

Quella descritta dal film è quella parte dell'Umanità immersa nell'agiatezza e nel "benessere", che pure nei decenni passati sono stati motivi trainanti ed unificanti per popoli, come l'Italia, che hanno attraversato la povertà pre e post bellica, soprattutto in Europa.

Ma l'agiatezza ed il benessere materiale conquistati hanno mostrato di non poter dare né una vera felicità, né una vera pace interiore, né tra le persone e né tra i popoli d'Europa e d'America, e né infine una vera amicizia ed una unità di intenti.

Ma allora perché questo film così ingodibile, così come ingodibile è l'Umanità stessa di oggi, è stato ritenuto meritevole di essere così ampiamente premiato?

La mia risposta è che gli artisti più accorti del cinema, ma non solo, ritengono che occorra partire dalla verità e dalla consapevolezza del degrado interiore, della disarmonia, della bruttezza di cui siamo portatori oggi come Umanità, per poter far emergere con tutta chiarezza il desiderio di un progetto completamente nuovo che porti, non alla "santità" come fu nei secoli passati ed in parte ancora oggi in ambito religioso, ma alla Grande Bellezza frutto della capacità artistica dell'uomo.

Per questo non è paradossale che nel film tanto degrado interiore, tanta disarmonia e tanta bruttezza umana vengano incastonati nello scenario della bellezza di una città come Roma, che conserva tutta la bellezza eterna che gli artisti di una precedente Umanità hanno saputo creare in passato, di fronte alla quale si può ancora svenire, come sembra accadere al turista giapponese che la osserva dal fontanone del Gianicolo.

Ed è come se il film volesse mostrare come quella bellezza eterna creata dagli artisti del passato, che era già grande, abbia ora bisogno di divenire ancora più grande, e che però i materiali da cui dovranno partire i nuovi artisti di oggi per crearla non sono più le tele da dipingere, ovvero il marmo e il travertino da scolpire, né le cappelle delle chiese da affrescare, ma proprio il degrado interiore, la disarmonia, insomma la bruttezza esistenziale di cui come Umanità siamo portatori.

Ed ancora una volta non è paradossale che tutto questo degrado interiore umano, questa disarmonia e questa bruttezza nel film abbiano spesso ed in continuità come sfondo le cupole delle chiese romane, ovvero ambientazioni e simbologie religiose, poiché i nuovi artisti di oggi e di domani hanno ormai  la consapevolezza che non sarà in quelle ambientazioni religiose e in quell'orizzonte cosmologico religioso che potrà dispiegarsi la nuova forza artistica della nuova Umanità, se Essa vorrà approdare alla creazione della Grande Bellezza.

Le religioni create nel corso dei millenni dall'uomo hanno forse immaginato che la bellezza potesse scaturire dal divenire uomini santi, dalla creazione cioè di stessi come "spiriti belli" per conquistare il paradiso, rimuovendo, reprimendo e negando persino a sé stessi l'odio ed il male di cui, come uomini esposti al dolore, siamo portatori fin dalla vita intrauterina.

Dando così una assoluta ed esclusiva accezione negativa e condannevole alle fonti del dolore, dell'odio e del male.

Ed è per questa stessa ragione che le religioni hanno avuto la necessità di introdurre il concetto di peccato, l'immagine del diavolo ed il concetto dell'inferno.

La naturale conseguenza di questo orizzonte cosmologico delle varie religioni è stata quella di prescrivere nel corso dei secoli con assoluta ed esclusiva certezza espiazione e condanna, a volte fino la morte fisica sulla Terra, oltre che alla condanna eterna dell'anima, per ogni uomo portatore di degrado, di disarmonia e di bruttezza interiore.

Al contrario alcuni nuovi artisti di oggi, compresi quelli del cinema, intuiscono, sentono e sanno che questi potrebbero essere invece i nuovi materiali da cui partire, non per essere condannati in nome di "un amore divino" posto fuori dall'uomo, ma al contrario per assumerli con verità e responsabilità e poi fonderli artisticamente con la forza dell'amore dell'uomo per creare una nuova forza amorosa (Opere varie Ed. Sur; A.Mercurio), e nuove sintesi amorose ("Dai Veleni Esistenziali alla Bellezza Esistenziale" Ed. Aletti;V.Chialastri) per creare attraverso l'arte una nuova Bellezza.

Poiché solo da questa grande fusione fra il dolore/ male e l'amore degli uomini potrà nascere una Grande Bellezza, che non sarà solo eterna, come la bellezza costudita nelle chiese, nei palazzi romani o nei musei in genere, ma anche immortale.

Di artisti che vogliono e vorranno cimentarsi in questa nuova forma d'arte, che è capace di fondere artisticamente il male e il dolore con l'amore dell'uomo, già esistono e sempre più esisteranno: essi sono i cosmoartisti che sono portatori di nuova forma di arte: la Cosmo art.

Questa nuova forma d'arte è stata immaginata per primo già da alcuni decenni da un grande artista, Antonio Mercurio, per offrirla all'Umanità intera proprio per creare la Grande Bellezza, che oltre che eterna possa essere immortale, e che lui ha chiamato "Bellezza seconda", capace di uscire da questo Universo per poi fondersi con altri Universi ancora ("La Nascita della Cosmo art" Ed. Sur; A.Mercurio).

La rilevanza mondiale data in Occidente a questo film dimostra che mai come in questa fase storica sta divenendo chiara a questa parte dell'Umanità più "evoluta", che non solo la sua sopravvivenza ma la sua stessa evoluzione sta ormai nella sua decisione di seguire, non il "benessere" materiale e finanziario, ma la stella polare della Grande Bellezza.

Occorre inoltre dire che questo film premio Oscar 2014 è nato in Italia da artisti italiani, dove, come per coincidenza cosmica, quasi contemporaneamente al film veniva allestito nel Febbraio 2014 un evento popolare di altissima audience come il Festival della canzone italiana di Sanremo, il quale, come si ricorderà, mise al centro della sua attenzione il tema della Bellezza, che per ammissione dei suoi stessi Autori e Conduttori, Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, non andava certo intesa come bellezza estetica e delle apparenze.

Ecco perché potrebbe allora divenire oggi centrale per il neonato Movimento della Cosmo art poter dare un suo contributo nell'individuazione di cosa possa essere la Grande Bellezza da creare e da perseguire per l'Umanità, e dove Essa debba essere cercata: e cioè non fuori dell'uomo (come sembra attardarsi a fare Jep Gambardella), ma dentro la complessità stessa dell'uomo e tra gli uomini.

La bellezza da sempre muove ed anima l'agire dell'uomo; esso stesso è figlio della bellezza creata dalla Vita nell'arco dell'evoluzione.

Da millenni però all'uomo non basta più il godere della sola bellezza della natura, quella cioè creata dalla Vita e nella quale l'uomo è da sempre immerso.

Per questo l'uomo si è sentito chiamato dalla Vita a creare egli stesso continuamente nuova ed altra bellezza, e lo ha fatto e lo fa da millenni attingendo ad una forza cosmica infusagli misteriosamente dalla Vita: cioè l'arte.

Ma ora questo film sta lì a denunciare con forza che anche tutta la bellezza creata dall'uomo, con le precedenti forme di arte, verosimilmente potrebbe andare verso l'esaurimento della la sua forza propulsiva.

Ed ecco perché occorre immaginare allora una nuova arte, senza la quale la Grande Bellezza non potrà mai esistere.

La Cosmo art si propone all'Umanità come la nuova forma d'arte capace di mettere l'uomo in grado di creare la Grande Bellezza, attraverso la quale divenire immortale insieme alla Vita di questo Universo, in grado cioè di realizzare il più grande ed il più profondo dei desideri dell'uomo: quello dell'immortalità.

Poiché la Cosmo art ha la consapevolezza che il desiderio di immortalità che l'uomo porta nelle sue profondità ormai da millenni, e che vuole realizzare attraverso la creazione di una Grande Bellezza immortale, in realtà è il desiderio stesso della Vita di questo Universo.

E poiché è la Vita di questo Universo che desidera divenire immortale, Essa sta chiedendo da millenni all'uomo di creare ciò che potrà realizzare questo suo desiderio. Sta chiedendo cioè all'uomo di creare la Grande Bellezza immortale, perchè la Vita senza l'uomo non riuscirà e non potrà crearla.

La scienza attuale, i fisici ed i matematici in particolare, non sanno ancora né misurare e né definire la essenza e la forza della bellezza.

Eppure tutti sappiamo che la bellezza è la più grande forza esistente, insieme all'amore, capace di motivare grandemente l'agire evolutivo e l'esistere dell'uomo.

E così per ora solo gli artisti si avventurano a volte nel cercare di penetrare e di definire la bellezza.

Anche in questo stesso film "l'artista" Talia Concept, quella che corre e batte la testa contro le arcate di un antico acquedotto romano per "rappresentare il suo non amore", intervistata da Jep Gambardella, nel parlare della sua arte dice di vivere di "vibrazioni"; ed allora Jep la incalza chiedendo di definire meglio il significato della parrola "vibrazione", ma Talia non sa e non può rispondere di più e meglio a quella domanda, e crolla nervosamente.

Per me, in questo momento, alcune definizioni più convincenti circa la bellezza sono quelle date da Antonio Mercurio, che per definire la "Bellezza seconda" creata dall'uomo parla di "un campo d'energia unificato ed unificante capace di superare i confini dello spazio-tempo di questo Universo, per andare verso altri Universi coi quali fondersi";

come pure le altre definizioni da lui date nel suo libro "La vita come opera d'arte, nella vita come dono spiegata in 41 film" Ed. Sur.

In questo bellissimo libro, al quale rimando il lettore, vi sono infatti diverse definizioni della bellezza; ed io allora ne citerò solamente una tra queste che dice: "la bellezza è un campo potentissimo di energia magnetica che, quando ti passa accanto e ti cattura, tu perdi ogni ancoraggio, tu perdi ogni resistenza e schizzi via dal tuo Io, schizzi via come un razzo per uscire dal tuo mondo ed entrare in un altro mondo, con una emozione ora potente e travolgente, ora sottile e avvolgente, a cui non puoi più resistere ma puoi solo abbandonarti ciecamente e fiduciosamente".

Il Cinema, in quanto a creazione di bellezza, viene chiamato la settima arte dell'uomo; e tuttavia proprio questo film premio Oscar 2014, più di ogni altro fino ad ora universalmente premiato, sembra l'espressione più che della sua bellezza, l'espressione del limite al quale prima o poi verosimilmente sopraggiungerà il Cinema come forma d'arte che crea bellezza.

Il Cinema, a sua volta proprio in quanto forza e potenza creativa di bellezza, aveva nel secolo scorso superato di gran lunga le altre forme di arte precedenti, come quelle figurative, dove i grandi artisti (pittori e scultori soprattutto) tra le tante cose sapevano immortalare la bellezza di un istante, di una espressione, di un sentimento, di una emozione della vita dell'uomo.

Come pure l'arte della scrittura che ci ha lasciato, e che continua a lasciarci capolavori che esprimono bellezza attraverso i racconti delle storie dell'uomo.

A sostegno di quanto affermato mi piace riportare come proprio nel secolo appena passato alcuni celebri personaggi d'arte, due fra tutti Guttuso ed Argan, affermavano che da diversi anni non stavano nascendo più grandi artisti delle arti figurative.

Ma nel frattempo stava però avanzando enormemente  il grande Cinema d'arte.

Tutto questo per dire che l'arte è stata da sempre in evoluzione, così come l'uomo stesso e la bellezza che Egli crea.

Il Cinema è stata ed è l'arte nella quale è stato possibile immortalare visivamente, non un istante come avviene nei quadri e nelle sculture, non una intera storia raccontata con le parole della scrittura, ma attraverso le immagini una serie innumerevole di istanti della vita dell'uomo con il dispiegarsi continuo di trame e di storie della vita dell'uomo, la cui bellezza ha emozionato ed emoziona chi lo spettacolo guarda e ne è coinvolto.

Tornando al film "La Grande Bellezza" alcune cronache dei nostri giorni racconterebbero che al sommo Roberto Benigni fu proposta per primo la interpretazione dalla parte di Jep Gambardella, il protagonista principale del film, ma che sia stata da lui rifiutata con questa motivazione: "….è una storia che non sta in piedi".

Eppure paradossalmente questo film vuole evocare con forza proprio il tema della Grande Bellezza; ma a mio parere è come se, in realtà e senza volerlo, questo film intendesse simbolicamente "lasciare il testimone" della bellezza artistica da creare ad una qualche e più evoluta forma d'arte.

Ed ecco irrompere allora la Cosmo art, con il suo nuovo Movimento artistico e con il suo Manifesto: " Il Manifesto della Cosmo art" redatto il 29 novembre 1999.

E proprio in occasione della sua presentazione, riportato nel n°4 della Rivista del nuovo Movimento artistico "Gli Ulissidi" del 1999 quasi come un presagio sul film, io scrivevo: "……. il film d'arte ha in sé la grandezza del racconto della vita dell'uomo, ma anche il suo limite; occorreva inventare una forma d'arte che avesse la capacità di superare la bellezza stessa del racconto, per cimentarsi direttamente con la vita dell'uomo, così da farla diventare essa stessa soggetto dell'opera d'arte è quindi fonte di una nuova bellezza…..".

Con la Cosmo art infatti è la vita reale di ogni uomo, sono le vite reali di tutti gli uomini che possono diventare esse stesse opere d'arte.

Per la Cosmo art ogni uomo, attingendo alla sua dimensione artistica, può mettere a fusione col suo amore tutta la sua bruttezza esistenziale, di cui per natura e per sua volontà e decisione è portatore insieme al dolore sin da quando è nell'utero materno; trasformando così la sua vita in una opera d'arte, capace di emozionare e di influenzare la vita di chi gli vive accanto, così come seppe fare l'Ulisse descritto da Omero nell'Odissea ("Ipotesi su Ulisse" Ed. Sur; A. Mercurio).

Per operare queste fusioni e queste trasformazioni artistiche della e nella vita quotidiana dell'uomo, diviene però indispensabile l'attivazione della dimensione dell'aiuto reciproco e dell'amicizia degli uomini e tra gli uomini.

E per aiutare il lettore, ogni lettore, a penetrare meglio l'essenza e la proposta di questa nuova forma d'arte io suggerirei, oltre alla frequentazione dei Laboratori della Cosmo art e degli ambiti operativi della Sur, di vedere, ovvero di cercare di rivedere, qualche episodio di una riuscitissima fiction televisiva di Rai 1 chiamata "Braccialetti rossi", trasmessa anch'essa per coincidenza cosmica nei primi mesi del 2014, girata all'interno di un Ospedale per bambini e ragazzi, laddove è stato magistralmente reso visibile come, attraverso la forza dell'aiuto reciproco e dell'amicizia, come per magia si è formato tra i pazienti un Gruppo di ragazzi che è stato capace di trasformare coralmente e con arte il male e la bruttezza esistenziale di quei ragazzi in una Grande Bellezza, offrendo allo spettatore grandi emozioni.

La potenza e la forza della Grande Bellezza (Bellezza seconda) che scaturisce dalle trasformazioni artistiche delle vite degli uomini, capace di emozionare e di influenzare la vita di chi vive loro accanto, è inoltre tanto maggiore quanto più grande è il numero delle persone che coralmente concorrono a crearla, aiutandosi reciprocamente ed amichevolmente.

Ecco perchè per la Cosmo art diviene allora decisivo il valore della Coralità di intenti degli uomini che decidono di voler creare la "Grande Bellezza" ovvero la Bellezza seconda.

Questo film, al contrario di come è stato storicamente capace di fare il Cinema d'arte nel creare bellezza raccontando trame e storie degli uomini, sembra invece non avere più né una trama e né una storia da raccontare di fronte alla quale emozionarsi.

Per questo io arrivo a postulare che il Cinema, con la premiazione di questo film premonitore, sembra voler denunciare il limite a cui prima o poi verosimilmente il Cinema giungerà, cioè quello di non poter o di non voler più creare bellezza attraverso il solo racconto visivo della storia degli uomini, poiché potrebbe verosimilmente essere arrivato il tempo di creare una Grande Bellezza intervenendo direttamente nella vita esistenziale e reale, e non più virtuale, degli uomini; dove per creare bellezza occorre imparare a manipolare la bruttezza della vita quotidiana, il degrado interiore, la disarmonia il male e il dolore della vita degli uomini, per poi fonderli sapientemente ed artisticamente con l'amore di cui sono capaci gli stessi uomini.

Ed ecco allora che può cominciare a emergere la nuova Grande Bellezza, come frutto meraviglioso della nuova forma d'arte: la Cosmo art, che si apprende da Maestri d'arte del vivere, sia in ambito individuale come singoli individui e sia contestualmente in ambiti più ampi come Gruppi corali, dove come in una grande Bottega d'arte si apprende l'arte di dare a sé stessi e di dare agli altri aiuto ed amicizia nel trasformare sé stessi creando Bellezza.

Un aiuto ed un'amicizia capace di prendere con coraggio fra le mani la bruttezza, il dolore, il male esistenziale di ognuno e poi fonderli con l'amore, e per amore trasformare il tutto in una nuova bellezza nella vita reale e quotidiana di ognuno, creando la Grande Bellezza esistenziale.

Darsi e dare aiuto, darsi e dare amicizia, per diventare tutti insieme come Umanità nuovi artisti della Vita, che insieme alla Vita aspirano profondamente a divenire immortali attraverso la creazione corale della Grande Bellezza esistenziale tra tutti gli uomini di questa Umanità.

Il Film

Come dicevo poco sopra, secondo alcune cronache giornalistiche Roberto Benigni avrebbe rifiutato di recitare la parte di Jep Gambardella, poiché secondo lui "la storia di questo film non sta in piedi".

Eppure questo film, anche se in effetti mostra di non avere una vera e propria storia manifesta da raccontare, guardando in filigrana ha però una storia latente, di tipo cosmoartistico, da svelare.

Ed allora vorrei per questo condurre il lettore insieme a me, per riuscire vederla.

Jep Gambardella è un giovane scrittore di talento, che al suo esordio letterario col suo primo e ultimo romanzo "L'Apparato umano" a soli 26 anni ricevette un importante riconoscimento, cioè il "Premio Bancarella".

È inoltre un giovane che ha una sua particolare sensibilità verso gli altri tanto che, al contrario degli altri giovani, è attratto dalla complessità del vivere umano nella sua interezza, che si rivela quando dice che ciò che più gli piaceva "era l'odore delle case dei vecchi".

Allo stesso tempo il film ci racconta di un importante e profondo amore vissuto da Jep, sempre in età giovanile, nei confronti di una ragazza dalla quale è inizialmente profondamente ricambiato, ma dalla stessa però viene poi improvvisamente abbandonato.

Questi due importantissimi elementi iniziali della vita di Jap, cioè il talento di scrittore da un lato e l'abbandono amoroso patito, fanno da premessa nel film alla successiva e prolungata descrizione della vita dissoluta condotta da Jep una volta giunto a Roma.

A me è subito saltata agli occhi una forte analogia con un altro film, questo sì bellissimo intitolato "Scoprendo Forrester" di  Gus Van Sant, nel quale si racconta la storia di un altro giovane scrittore di talento di origine scozzese che vive nel Bronx, William Forrester a cui, come Jep all'esordio come scrittore, il suo primo romanzo "Avalon Landing" gli valse il prestigioso premio letterario "Pulitzer". Ma poi in seguito alla morte del suo amatissimo fratello non scrisse più nulla, e che però all'opposto di Jep egli rinunciò completamente sia alla vita pubblica che a quella privata, decidendo di vivere isolato dentro un appartamento fino a che…..

In un altro bellissimo film franco-belga "Lezioni di felicità" di Eric- Emmanuel Schmitt si racconta la storia di un altro scrittore, Balthazar Balsan, il quale posto di fronte al dolore del tradimento della moglie, non solo smette di scrivere ma tenta il suicidio.

Le reazioni e le decisioni di Jep da un lato, e quelle di Balthazar e di Forrester dall'altro, sembrano diverse od antitetiche, ma in realtà sono tre reazioni e tre decisioni molto simili, poiché si tratta di tre risposte di tipo reattivo e distruttivo prese dai tre scrittori di fronte ad uno stesso evento: quello del dolore indotto da una grave perdita: quella dell'amore profondo per una donna da un lato, e quella dell'amore profondo per un fratello dall'altro.

Jep, Balthazar e Forrester sono tutti e tre accomunati cioè da una decisione di tipo reattivo autolesionista ed autodistruttiva, quando la Vita li ha posti di fronte all'incontro con il dolore esistenziale.

Le decisioni di tipo reattivo e distruttivo prese di fronte al dolore, specialmente quando vengono prese dagli artisti, sono di frequente di tipo autolesionista, cioè rivolte principalmente contro sé stessi, e la prima cosa che viene colpita è la loro stessa capacità di creare bellezza attraverso l'arte.

La scrittura del resto è da sempre tra le più nobili forme di arte nel produrre bellezza.

Il filo creativo della bellezza artistica si rompe, ed ecco irrompere la bruttezza nella vita dell'uomo artista sotto tantissimi forme, tutte perlopiù dettate da due veleni: il masochismo esistenziale fino all'autolesionismo mortale da un lato, e dall'altro l'odio profondo ed antico fino ad allora rimosso, che si traduce in una forma spuria di vendetta (verso le persone care) proprio attraverso l'autolesionismo.

Jep Gambardella abbandona la scrittura e decide, a suo stesso dire, di precipitare (con masochismo ed odio verso se stesso) nel vortice della mondanità di Roma, nella quale ambisce a divenire narcisisticamente il re dei mondani.

E per di più con una speciale modalità distruttiva e vendicativa, in questo caso verso gli altri, poiché dice: "io non volevo solo partecipare alle feste mondane, volevo avere il potere di farle fallire". Inoltre Jep nel recitare il suo ruolo di mondano si carica di yubris, un altro veleno esistenziale che lo rende altezzoso, cinico e superbo.

Tuttavia l'immersione di Jep della vita mondana di Roma ha una sua peculiarità ed ambivalenza, nel senso che in realtà essa non è solo finalizzata ad abbrutirsi ed a far fallire le feste.

Jep sembra seguire anche un altro filo interiore di tipo più positivo, a seguito del quale pone a se stesso e pone agli altri continuamente delle domande;

si occupa e si preoccupa di alcuni degli "amici" di cui si circonda; ricerca ed osserva, sia pure con un occhio distaccato, la sua vita e quella dei suoi amici ora con benevolenza, ora con commiserazione, ora con giudizi duri ma veri, svelando le proprie e le altrui menzogne esistenziali.

Desidera, a suo modo, di essere di aiuto, di incoraggiare, di sostenere gli amici, di accogliere le loro preoccupazioni e le loro ansie.

Per questo durante uno degli scambi mondani lo vediamo dire con schiettezza: "siamo tutti sull'orlo della disperazione, non abbiamo altro rimedio che farci compagnia, prenderci un po' in giro", e poi smaschera le menzogne esistenziali di Stefania, la egocentrica scrittrice radical chic.

Per questo vuole aiutare finanziariamente il suo amico Romano, ed attraverso le sue conoscenze fargli avere uno spazio teatrale dove potersi esprimere;

come pure di fronte alla richiesta angosciata di un suo vecchio amico ritrovato, accetta di occuparsi di preoccuparsi della figlia Ramona, spogliarellista che segretamente convive con un male che la condurrà alla morte.

Ed è come se Jep Gambardella a seguito dell'antico dolore patito, accanto all'abbrutimento realizzato attraverso i veleni esistenziali, nel tempo impara a sviluppare contemporaneamente un suo personale uso del dolore che porta in profondità: quello di attivare il desiderio di osservare, di comprendere se stesso e gli altri a lui vicino, il desiderio di essere di aiuto, il desiderio di migliorarsi e di evolvere.

Ebbene è questa seconda modalità che fa di Jep Gambardella un potenziale cosmoartista, sia pure in un modo solitario, ambivalente e limitato, ed è come se in qualche modo continuasse a "studiare" l'"Apparato umano";

poichè è capace di osservare il "bestiario umano" in cui è immerso e di cui si è circondato, poichè è capace di osservare come gli esseri umani, quando sono posti di fronte al dolore, diventano e creano in modo prevalente una bruttezza del vivere, piena di veleni esistenziali che portano al degrado interiore, oppure alle malattie fisiche e mentali.

Per questo il film si dilunga molto nell'osservare e nel descrivere, attraverso i vari personaggi secondari, alcune tra le tante decisioni reattive e velenose dell'uomo contemporaneo posto di fronte al dolore esistenziale che per la Cosmo art, quando si ripropone nell'età adulta, non è altro che la riedizione del dolore patito nella vita intrauterina, ma del quale non abbiamo più memoria.

C'è Romano, uno pseudo scrittore teatrale che, anziché coltivare con amore il suo pur limitato talento, preferisce lasciarsi avvelenare dal suo stesso masochismo, legandosi ad una giovane donna che lo disprezza, lo sfrutta e lo mortifica in continuità.

C'è Lello, il grossista di giocattoli che avvelena la sua vita seguendo unicamente l'avidità di arricchirsi ed il piacere facile, tradendo in continuità la moglie Troumeau, ma è realtà tradendo in continuità se stesso.

C'è Viola, la ricca borghese precisina, nevrotica e conformista che ha il figlio psicopatico, il quale coltiva follemente e masochisticamente la cultura della morte fino al suo suicidio.

Viene citata una certa Gisella Montanari che, per non sentire il vuoto interiore, cura l'apparenza della sua immagine spendendo talmente tanto denaro con i parrucchieri da divenire preda degli usurari, cioè della sua stessa avidità.

C'è Talia Concept, una pseudo artista che dice di essere stata maltrattata da giovanissima dal fidanzato di sua madre, e che per rappresentare la sua decisione di non amare recita il suo autolesionismo correndo e andando a sbattere con la testa contro le rovine di un antico acquedotto romano, corrosa in realtà dal veleno esistenziale dell'odio che rivolge verso se stessa.

C'è Stefania, la scrittrice radicale chic che Jep Gambardella prima definisce "soggetto ideale del niente di Flaubert", e della quale smaschera poi le sue menzogne esistenziali di pseudo scrittrice, di pseudo madre e moglie perfetta, evidenziando così anch'essa alcuni dei veleni esistenziali nei quali è in realtà immersa: la menzogna esistenziale e la pretesa di perfezione.

Ed infine non poteva mancare il "sacerdote della bellezza effimera" dei nostri giorni, il chirurgo plastico, che con le sue punturine di botox dispensa in modo ecumenico sia a donne che a uomini la "bellezza permanente" effimera.

In realtà alimenta e coltiva in tutti i suoi clienti il veleno del narcisismo infantile ed onnipotente, una derivazione del percepirsi come un assoluto, che ci fa sentire come fossimo una monade che basta a se stessa, che non ha bisogno di nessuno; per cui gli altri sono al nostro servizio, ne possiamo disporre a nostro piacimento, fino a possedere la loro vita con ogni mezzo manipolativo, compresa la seduzione.

E mentre il regista del film Paolo Sorrentino è intento a descrivere diffusamente il "bestiario" umano del mondo di oggi, allo stesso tempo segue e cerca di descrivere anche il filo interiore di Jep, che sente ormai di voler esaurire la vacuità della sua vita mondana e la sua voglia autodistruttiva.

I segnali cosmici giungono a Jep da più parti: l'amico a lui più vicino, Romano, decide di abbandonare la vita mondana di Roma e lo saluta;

una bambina di nome Francesca, dopo essersi nascosta alla vista della madre, dal fondo di una cripta di una Chiesa dice a Jep: "tu non sei nessuno".

Proprio questa breve frase proveniente dall'innocenza di una bambina sembra inquietarlo, sembra capace di sgretolare (così come si vede nelle scene immediatamente successive) la maschera della yubris di Jep, sembra che lo scuoti al punto di pensare di riprendere a scrivere nuovamente.

E poi l'incontro col presunto esorcista cardinale, al quale inizialmente vorrebbe rivolgersi per avere delle risposte ai suoi dubbi esistenziali o "spirituali", come li chiama lui.

In realtà Jep sembra voler riprendere la sua ricerca sulla complessità dell'uomo e sul senso della vita, che lo animava quando era il giovane scrittore di talento di 26 anni, per trovare le risposte alle domande poste all'inizio circa la Grande Bellezza da trovare; tant'è che quando alla fine del film la decrepita santona suor Maria gli chiede del perché smise di scrivere dopo il suo primo ed ultimo romanzo, Jep le risponde: "perché cercavo la Grande Bellezza, ma non l'ho trovata".

Ecco allora che proprio le ultime sequenze del film sembrano mostrare le motivazioni più profonde del perché del successo, ovvero delle premiazioni, di questo film.

Allorquando cioè il regista, dopo aver descritto attraverso i vari personaggi tutta la bruttezza nella quale è immersa l'attuale umanità, pone a confronto due modi di vivere la vita: da una parte quello di suor Maria, che ricerca con la pratica della povertà estrema la "santità" da perseguire nella vita terrena, per meritare il paradiso, anche attraverso l'indulgenza plenaria della scalinata santa, e dall'altro il modo di vivere dubbioso e travagliato dell'uomo di oggi, rappresentato da Jep Gambardella, che è consapevole della crisi sia delle ideologie che delle religioni, nella quale si sta dimenando l'attuale Umanità, ma che fa fatica a trovare però una nuova visione ed un nuovo orizzonte cosmologico.

Una ricerca di una nuova visione della vita quella di Jep, che proprio nelle ultime sequenze del film lo porta a dire come l'Umanità di oggi è sommersa nella menzogna da una valanga di bla-bla bla, che copre e nasconde i sentimenti, le emozioni, le paure e gli sparuti sprazi di bellezza, mentre emerge con chiarezza lo squallore delle miserie umane e l'imbarazzo del vivere.

"Altrove c'è l'altrove", dice, e lui non si occupa dell'altrove perché non riesce nemmeno ad immaginarlo.

Tuttavia nelle sue ultime parole auspica per sé e per l'Umanità l'inizio di un nuovo "romanzo" della vita.

Vale a dire, dico io, l'inizio dell'emergere di una nuova visione cosmologica della vita, sulla quale strutturare un nuovo stile di vita quotidiano basato sulla verità, sulla libertà, sull'amore e sulla bellezza, così come indica la Cosmo art.

Una nuova visione della vita che sia capace di far trovare finalmente ai presenti e futuri Jep Gambardella la Grande Bellezza, capace di dare l'immortalità all'uomo ed alla Vita di questo nostro Universo.

AMBITI DI INTERVENTO

  • Psicoterapia individuale
  • Psicoterapia di coppia
  • Psicoterapia di gruppo
  • Dipendenze (affettive, sessuali, alimentari, etc ..)
Dott. Domenico Carbone - Psicologo Psicoterapeuta a Roma
P.I. 00192768885

iban: IT17F 05104 38920 CC002 0523929

© 2023. «powered by Psicologi Italia ». È severamente vietata la riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei contenuti di questo sito.
www.psicologi-italia.it