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Ma perché è capitato proprio a me?

Dialogo alla ricerca del valore di una vita senza sorriso? Impatto emozionale accoglienza e trasformazione nel rapporto con la malattia


Ma perché è capitato proprio a me?

  • Domenico Carbone, Lucia Torresi, Daniela Mazzi

Relatori:
Dott. Domenico Carbone – Psicologo, Psicoterapeuta
Dott.ssa Lucia Torresi – Psicologa, Psicoterapeuta
Dott.ssa Daniela Mazzi – Psicologa, Psicoterapeuta

IV Congresso A.I.S.mo
Piacenza 4 Maggio 2007


La nostra relazione si suddivide in due parti: una parte legata all'esperienza di chi ha sperimentato concretamente la convivenza con la sindrome, e una seconda parte in cui si toccano tematiche relative alla relazione genitori – figli.

Il nostro contributo non pretende di dare risposte assolute o complete, ma vuole stimolare i presenti a riflettere sul ruolo e l'identità genitoriale.

Essere genitori è compito arduo e difficile e, lo è ancora di più, quando ci si deve confrontare con le difficoltà e le sofferenze che si scatenano alla nascita di un figlio con problemi.

Ma prima di essere genitori, ognuno di noi è inserito in un rapporto di coppia.

Spesso il rapporto di coppia è reso difficile dal fatto che due persone diverse che non si conoscono ancora bene, si uniscono in un progetto comune, dove entrambi i membri della relazione devono imparare a confrontarsi con aspettative, abitudini, desideri, esigenze e necessità diverse e, a volte, opposte.

Dopo qualche anno di convivenza, si riesce a raggiungere un equilibrio che permette ai membri di vivere una vita più serena.

La nascita di un figlio provoca la rottura di questo equilibrio conquistato con fatica e la coppia ne deve trovare un altro che dia spazio al terzo venuto.

Non è cosa facile!

Il concepimento di una nuova vita scatena emozioni che spesso rimettono in discussione, o portano alla luce, conflitti o situazioni non ancora risolti

Si diventa genitori sin dal concepimento, questo è un momento molto delicato soprattutto per la donna.

Subito si cominciano a provare sentimenti contrastanti di fronte a questa nuova vita: gioia, gratitudine, percezione di potenza; ma anche paura di non essere all'altezza, sensazione di invasione, preoccupazioni circa la salute del bimbo o la propria. Questi sentimenti ambivalenti spesso provocano nella donna sensi di colpa e le richiamano eventuali conflitti non risolti con i propri genitori.

Anche per l'uomo il momento è delicato, anche lui deve confrontarsi con le proprie paure: può provare sentimenti di incapacità, può essere intimorito da questa nuova responsabilità, può nutrire dubbi sulla sua possibilità di essere padre. Anche lui rivisita il rapporto con i propri genitori.

Spesso si sente escluso da questo legame particolare che la sua compagna ha instaurato con la vita che cresce dentro di lei e quindi può provare sentimenti di invidia o di gelosia.

Insomma per entrambi il momento è delicato e faticoso ed ambedue si proiettano nel futuro vicino, quando saranno in tre…si attende e si creano delle aspettative che, a volte, vanno deluse. Non sempre la Vita ci da quello che desideriamo.

La vita non è un lungo fiume tranquillo. La vita è bella. La vita è un mistero. La vita è un insieme d'eventi positivi e negativi.

Aspettare un figlio , se è desiderato è un momento positivo.

I sogni sembrano realizzarsi, la vita acquista un colore che prima non aveva. Ma tutto puo' trasformarsi improvvisamente, come quando arriva un temporale improvviso, in qualche altra cosa che è difficilmente descrivibile se il bambino atteso, per qualche ragione presenta malformazioni o malattie che lo rendono diverso dagli altri bambini. La sindrome di Moebius è una di queste malattie ed i genitori sono costretti a confrontarsi con una realtà nuova che non si aspettavano. Il figlio è un dono. Il figlio è un frutto dell'amore. Ma cosa fare quando questo dono non è quello atteso? La distanza che c'è tra l'aspettativa e la realtà procura un dolore che crea uno spazio. La mente si sa si oppone al dolore e crea meccanismi di difesa. Un meccanismo è la negazione, il problema non esiste.

Afferma Anna Freud nall' l'Io e i meccanismi di difesa " L' Io che è in stretto contatto con il mondo esterno, trova in esso i suoi oggetti di amore e ne trae quelle impressioni che vengono registrate dalla sua percezione e assimilate dalla sua intelligenza. Quanto più grande è l'importanza del mondo esterno quale fonte di piacere e di interessi, tanto più numerose saranno le occasioni di trovare in esso fonti di dolore."

La nascita di un figlio è un evento esterno dal quale ci si aspetta gratificazione e piacere.

Ma quando la realtà ci rimanda un'esperienza dolorosa diventa difficile contrastarla, l'Io, quasi meccanicamente si difende con la negazione.

Dal punto di vista del bambino, a maggior ragione, vediamo che lo scontro con la realtà generatrice di paura e dolore, lo trova privo delle capacità di comprensione e troppo debole per prendere posizione attiva contro il mondo esterno. Allora scatta anche in questo caso lo stesso meccanismo; ci si difende cercando di ignorare il problema.

Diventa allora molto difficile, per i membri della relazione, incontrarsi per fronteggiare tale realtà.

Genitori e figli hanno paura di affrontare l'angoscia e il dolore.

Un altro meccanismo di difesa è l'isolamento: il problema esiste ma non mi fa nessun effetto.

Anche questo meccanismo tende a difenderci dai turbamenti suscitati da un evento sfavorevole, che non viene più negato, ma privato delle relative emozioni. Questo tende ad irrigidire ancor di più i rapporti e la relazione può divenire sterile e asettica.

Ed ancora il problema esiste ed accanto c'è rabbia, rancore e disperazione. Perché, perché? Le domande si affollano nella mente e non sempre si riesce a dare una risposta soddisfacente. C'è una lotta interna tra accoglienza e rifiuto. Il figlio nasce cresce all'interno del campo energetico mentale dei due genitori. Anche lui dovra' fare i conto con il rifiuto, la rabbia, il dolore e l'amore per se'. Dobbiamo pero' affermare che questo problema è universale. Tutti quanti, chi piu' chi meno, portiamo dentro una ferita sull'identita'. C'è una distanza tra il figlio desiderato ed il figlio reale. Tra l'immagine di Se' ed il Se' reale.L'Io del bambino si sviluppa attraverso processi d'identificazione e attraverso l'accoglienza del Se' che ha bisogno di conferme stabilizzanti attraverso processi di rispecchiamento. Far crescere un bambino con la Sindrome di Moebius è un compito molto difficile e comporta la necessita' d'accogliere e trasformare una quantita' enorme d'emozioni e sentimenti che possono produrre reazioni non buone per lo sviluppo del bambino. Un primo sentimento che puo' emergere è quello d'essere inadeguato. C'è da affrontare la paura del giudizio. E' possibile ritenersi responsabili o peggio colpevoli di qualcosa. Considerare l'evento come frutto o conseguenza d'una colpa. E' una storia antica quella di dare una spiegazione ad eventi non comprensibili attraverso una semplificazione della realta'. L'evento è accaduto perché gli dei mi hanno punito per una mia colpa. I sensi di colpa diventano cosi' deleteri nel momento in cui un genitore si trova ad affrontare le tempeste dell'educazione. Quando arriva un evento non desiderato frequentemente osserviamo la mente oscillare tra un assumersi totalmente la responsabilita', ovvero la colpa, oppure spostare la colpa su un'altra persona. E' difficile invece chiedersi se quell'evento ha un'altra spiegazione, se quell'evento ha un senso per la nostra vita.

Il tema di fondo sta nella capacita' che abbiamo d'accogliere il dolore. Di fronte al dolore ci sono normalmente tre modalita' di reazione. La prima è quella d'essere annientati o annichiliti. La seconda è quella di mettersi alla ricerca della giustizia ovvero della vendetta. La terza modalita' è quella di cercare d'accogliere e trasformare il dolore dandogli un senso ovvero di considerare il dolore come un'energia potente che io posso manipolare e modellare cosi' come da sempre fanno gli artisti.

Se riflettiamo e studiamo la vita e le opere degli artisti vediamo che anche loro hanno dovuto affrontare molti dolori nella loro vita. Ebbene quello che possiamo vedere e che gli artisti quando hanno avuto un dolore hanno poi saputo trasferire quel sentimento, quell'emozione nell'opera d'arte e quindi quell'avvenimento è diventato un valore, un patrimonio dell'umanita'.

Il dolore quindi è un energia potente che puo' essere utilizzato per creare qualcosa che prima non c'era.

Il dolore è una forza cosmica. Dal cosmo arrivano continuamente eventi con i quali dobbiamo confrontarci. Dobbiamo imparare a saper riconoscere valorizzare e festeggiare gli avvenimenti cosmici positivi e poi confrontarci con quelli negativi. C'è un forte rischio di rimanere schiacciati e farci vittima dell'evento e quindi rimanere nel lamento. Oppure invece chiedersi che trasformazione dobbiamo fare. Il dolore crea una nuova sensibiita'. Condividere il dolore crea legami, solidarieta'. Il dolore smuove le montagne.

Ma prima di contattare il dolore è necessario fare i conti con la rabbia , il rancore e con i sensi di colpa.

I sensi di colpa sono estremamente deleteri perché ci confondono e così è difficile diventare responsabili in maniera equilibrata.

C'è un forte rischio di diventare troppo indulgenti e quindi dare troppo amore cosi' come vediamo fare nel film " Anna dei miracoli".

In questo film possiamo osservare il conflitto tra i genitori che esprimono due polarita'. La madre , comprensiva, che consente alla figlia di fare qualunque cosa, anche mangiare con le mani a tavola nei piatti di tutti ed il padre troppo severo che vuole l'applicazione delle regole senza tenere conto della complessita' della situazione che richiede una capacità di comunicazione superiore.

Sarà necessaria la presenza di un terzo soggetto, la governante che ha una conoscenza teorica ed esperenziale, tale da riuscire a dare le giuste regole e una comunicazione profonda.

Un esempio di madre positiva la possiamo vedere nel film " Forrest Gump". La madre di Forrest è generosa, accogliente ma anche combattiva. E' una madre che insegna a Forrest la capacita' di farsi rispettare e ad accogliere la vita in tutti i suoi risvolti. " Forrest la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti puo' capitare". Forrest così con l'aiuto anche di Jane, la sua amica del cuore, sara' capace d'accogliere e trasformare gli eventi negativi che si presenteranno. Forrest ha un quoziente d'intelligenza basso, viene continuamente aggredito e deriso dai suoi compagni di studio, ma ha un'intelligenza cinestetica altissima, corre come un fulmine e sa montare e smontare un fucile in un attimo.

Ma per la societa' Forrest è uno scemo, pochi sanno vedere le sue grandi qualita'. In una societa' legata all'immagine ed alla intelligenza logico-matematica le altre qualita' sono secondarie o ininfluenti. Forrest invece si muove nella vita leggero come una piuma, ma fermo e determinato nei suoi progetti d'amore.

Forrest è un artista della vita perché usa fantasia' creativita', amore e arte nel suo agire, trasformando positivamente se stesso e le persone che gli stanno intorno. Se Forrest rappresenta il modo di pensare ed agire artistico, Jane rappresenta invece la parte che rimane legata al trauma, ancorata in un progetto distruttivo. Jane è una compagna di giochi che sara' presente sempre nella vita di Forrest e che si porta dentro il trauma di un padre che l'ha violentata. E' una donna inquieta alla ricerca di se stessa che non ha saputo pero' elaborare fino in fondo la rabbia, e il dolore dell'esperienza traumatica. Non ha saputo lasciare andare quell'evento, perdonarsi e perdonare il padre.

Sviluppare la capacita' di perdonare è un elemento fondamentale per affrontare il rancore e la rabbia che si ha verso quegli eventi cosmici negativi che a volte ci colpiscono.

Perdonare significa accettare, capire , comprendere, e poi lasciare andare. Significa guardare l'evento da tanti punti di vista, cercare di trovare un senso, cogliere l'aspetto positivo.

Perdonare è un atto d'amore, uno dei piu' difficili perché è rivolto a chi ci ha fatto del male, ma è un atto liberatorio, perché ci svincola dal passato, dall'odio.

Vi abbiamo parlato di due film dove viene affrontata l'esperienza di genitori che vivono il dolore di avere figli "diversi" perché anche dall'arte del cinema possiamo trarre dei suggerimenti importanti per la nostra esistenza. L'arte è una forma di creatività che ha sempre permesso all'uomo di cercare e trovare risposte ai problemi della vita. La storia di Forrest è finzione ma il percorso che lui, sua madre e i suoi amici fanno attraverso il dolore fisico, morale ed esistenziale che Forrest vive e affronta, può essere utilizzato da noi tutti quando ci ritroviamo a vivere esperienze simili.

Anche la storia di Anna è romanzata ma la strada che i suoi genitori percorrono per incontrare autenticamente la figlia ed essere capaci di rispondere in maniera sana alle sue esigenze, una maniera che fa crescere sia loro che la figlia, è una strada che molti genitori oggi dovrebbero percorrere. Vi invitiamo a vedere questi films con questa ottica e a cercarne beneficio.

Questo metodo, di mettere l'arte nella nostra vita noi lo abbiamo appreso in anni di studio, ricerca e trasformazione della nostra vita seguendo le leggi ed i principi dell'antropologia personalistica esistenziale, una disciplina fondata più di 30 anni fa dal Prof. Antonio Mercurio. La metodologia della sophianalisi, la ricerca della saggezza interna ad ognuno, della sophia.art, ovvero l'arte di divenire artisti della propria vita, e della cosmo-art, l'arte di trasformare il proprio cosmo, ovvero le persone che ci sono accanto, è diventata per noi palestra di vita quotidiana.

Uno dei cardini di questo pensiero è quello di apprendere ad utilizzare tutti i materiali della nostra esistenza, anche quelli che più vorremo allontanare da noi, come occasioni preziose di trasformazione. Parliamo della colpa, del dolore, dell'odio, del rifiuto di quei materiali che consideriamo di scarto, o poco nobili e che invece contengono una energia speciale che può essere messa al servizio della nostra vita e non essergli d'ostacolo.

C'è un energia potente nel dolore che spesso emerge solo in quelle circostanze e se voi siete qui è proprio grazie all'energia del papà di Giulia che ha dato vita a questo movimento: una vita, quella dell'Associazione che è nata e si è sviluppata dal dolore di una intera famiglia. .

Anni fa un bimbo americano di 10 anni, Nicholas Green, in vacanza con i genitori in Italia, fu ucciso in autostrada, forse per errore. I suoi genitori coraggiosamente decisero di donare i suoi organi e 7 persone hanno vissuto o migliorato la propria vita grazie a questo dono. Da allora la vita di questa famiglia è diventata un polo d'attrazione per tutte le persone che hanno subito dei traumi, degli eventi negativi, come dicevamo prima. Non sarà certo diminuito il dolore per la perdita di Nicholas ma è innegabile l'energia che si è sprigionata da questi genitori attorno a questo dolore.

Noi siamo capaci di divenire artisti della nostra vita, spesso non ne conosciamo la strada ma abbiamo tutta la vita per impararla, noi non sappiamo quale è il nostro progetto speciale, quello che è scritto nel Se di ognuno ma se impariamo ad amarci nonostante le parti di noi che consideriamo "brutte", quelle fisiche e quelle interiori, anche questo progetto ,nel tempo si svela.

Anche noi tre che facciamo parte di un Associazione, il Dipartimento di Pedagogia Sophianalitica e Sophiartistica di Roma, che ha come scopo quello di aiutare le persone a migliorare la qualità della propria vita siamo qui attratti da questa forza, ad offrire il nostro contributo perché questo coro si accresca e permetta a sempre più persone di poter pensare con fiducia al loro potenziale artistico-creativo e così costruire il proprio futuro.

Se la vita ci ha voluto, anche se in una forma che non corrisponde al nostro desiderio è perché c'è un senso, c'è un progetto speciale a cui ognuno è destinato. La ricerca di questo progetto originale sarà lo scopo della nostra esistenza, dell'esistenza di tutti questi bambini che sono qua oggi.

"Perché è capitato a me?" dicevamo all'inizio, non perché sono colpevole, non perché devo espiare, ma perché posso creare da questo evento la mia personale opera d'arte, usando come uno scalpellino il blocco di marmo nel quale sono ancora avvolto, per estrarne la scultura che vi è celata.

Si racconta che il marmo da cui Michelangelo scolpì il Davide abbia dormito per anni in un deposito, perché nessun artista voleva quel blocco di marmo che aveva un grosso buco al centro, perché quel buco impediva allo scultore di imprimere la sua arte in forma totale….. era un blocco imperfetto! Il maestro sentiva che dentro a quel blocco era imprigionata la sua creatura che attendeva di essere svelata e accettò il marmo con tutta la sua imperfezione.

Questo ci raccontò anni fa A.Mercurio per invitarci a fare della nostra vita un opera d'arte…noi ci stiamo lavorando..da tempo e questo invito vogliamo passare anche a voi…fate della vostra vita una opera d'arte, l'uomo ha il potere di creare, come anche quello di distruggere, se è capace di amarsi con tutti le sue imperfezioni può veramente rendere possibile l'impossibile.

Alzi la mano chi di voi non ha mai detto di se stesso: "Ah…se avessi avuto altri genitori… se avessi avuto un altro partner…o meglio un altro corpo…o un'altra testa….se avessi avuto un'altra vita…si che sarei felice e realizzato!

Ma la vita non va mai come vogliamo noi, siamo noi che dobbiamo entrare nel flusso della vita con la nostra storia personale e con le nostre decisioni d'amore e accettarci così come siamo: questo è il nostro marmo imperfetto, quello sul quale trasformare il nostro passato, imparare a godere del presente e costruire il nostro futuro.

L'uomo ha il potere e la libertà di creare, come anche quello di distruggere, e solo se diventa capace di amarsi con tutti le sue imperfezioni può veramente rendere possibile l'impossibile.

Si può estrarre bellezza dalla bruttezza della vita? Si, con tenacia, umiltà, coraggio, si apprende l'arte di trasformare se stessi quotidianamente. Con queste armi si sconfigge il drago che divora la nostra vita, si entra il quel vuoto che a volte ci risucchia, in quella "morte" esistenziale che ci prende quando pensiamo di essere"sfortunati" perché la vita non è andata come volevamo noi, quando siamo capaci di perdonarci, cioè amarci lo stesso specie quando abbiamo perso la fiducia e la speranza di andare avanti.

E' un percorso lento, lungo e difficile, ed appartiene a tutti: normali o diversi, con la sindrome e non: la possibilità di rovinarci l'esistenza è sempre in agguato e spesso colpisce nell'ombra!

Facciamo gli artisti, non della tela ma della vita….se ci piace questo progetto, se crediamo nella nostra capacità di amarci e trasformarci possiamo veramente rendere possibile l'impossibile.

 


Dott. Domenico Carbone
Psicologo Psicoterapeuta a Roma

AMBITI DI INTERVENTO

  • Psicoterapia individuale
  • Psicoterapia di coppia
  • Psicoterapia di gruppo
  • Dipendenze (affettive, sessuali, alimentari, etc ..)
Dott. Domenico Carbone - Psicologo Psicoterapeuta a Roma
P.I. 00192768885

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